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Shantaram

di Gregory David Roberts

 

Shantaram In veste di turisti, visitando un paese non facciamo altro che scivolare sulla sua superficie, spesso senza riuscire ad intaccare l’immagine nitida e levigata che si propone ai nostri occhi.

Questo penso leggendo Shantaram, che ci proietta sotto la pelle dell’India, in mezzo alle persone che vivono all’interno degli slum e a contatto con situazioni più o meno estreme, sempre al di là di quello che potrebbe essere la nostra esperienza di viaggio, per quanto attenta e curiosa.

Il romanzo si basa sull’esperienza reale del suo autore, Gregory David Roberts, che in un piccolo villaggio indiano viene soprannominato shantaram, uomo di pace, proprio lui che in India è approdato in seguito all’evasione da un penitenziario australiano e che non esiterà a lavorare per la mafia di Bombay e a partire per l’Afghanistan per portare armi ai mujaheddin.

Ma Gregory in Bombay è anche uno straniero conosciuto e apprezzato per la sua disponibilità a lasciarsi conquistare dall’India, a scoprirne e ad apprenderne i costumi oltre che le lingue, fino a vivere per un periodo in uno slum e a prestare il proprio impegno e le proprie conoscenze infermieristiche a favore di chi non viene accolto all’interno delle strutture sanitarie ufficiali.

Da lì la storia si dipana con inserti romanzeschi che accompagnano la narrazione del lavoro all’interno di una struttura mafiosa che al contempo è garante di un certo ordine sociale e giustifica coi fini l’illiceità dei mezzi, fino alla missione in Afghanistan che porterà Gregory nel bel mezzo dei combattimenti fra russi e mujaheddin.

Ti coglie di sorpresa, il fascino di Shantaram: i primi capitoli sono piacevoli, ma non ti aspetteresti di rimanere presto intrappolato al punto da divorare le pagine, avvinto dalla storia e dalla magia di un luogo dove il cuore conta molto più che il rispetto della legge.

Roberts corre il rischio della scivolata nel cliché quando parla d’amore e di bellezza femminile, ma la semplicità con cui tratta la trama e lo stile scorrevole con cui la svolge rendono perdonabili i cedimenti al luogo comune, mentre la forza delle immagini che ne fuoriesce rende Shantaram una dolce e malinconica introduzione all’India.

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