di Antonin Artaud
Balthus e i surrealisti è un libro che raccoglie articoli e scritti di Artaud riguardanti i lavori di Balthus, Masson, Boschère e introduce il nesso fra pittura e teatro nella concezione di Artaud: un teatro dove il testo è solo uno degli elementi che contribuiscono alla messa in scena pluri-sensoriale che mira a lasciare spossato lo spettatore (oltre che l’attore) all’uscita dalla sala. Testo, gesto, suono, luce, hanno per me un’eguale importanza scrive Artaud.
L’analisi delle opere pittoriche è quindi (a partire dai décors realizzati da Balthus per opere teatrali dello stesso Artaud) occasione per l’emergere di temi ricorrenti nello scrittore e regista francese, quali l’esistenza di una energia interiore profonda e misteriosa che, se non controllata e incanalata, provoca sconvolgimenti e patologie. Se incanalata invece, attraverso un processo di conscenza di sè che Artaud identifica con la “cultura” (in opposizione alla formale istruzione) dà luogo all’espressione artistica, che dunque non è imitazione del reale, ma rappresentazione dell’oltre-reale, dell’invisibile che ribolle dietro alle apparenze. Tale energia è slancio che spinge al superamento della forma compiuta, continuo attraversamento degli stati in una costante pulsione creativa.
Questo concetto è anche alla base di ciò che Artaud definisce il “teatro della crudeltà”, dove crudeltà non ha nulla a che fare con malvagità ed eventi sanguinari, bensì fa riferimento a quell’impulso al superamento che sta alla base della vita stessa, che la lega indissolubilmente all’intero universo e che presuppone (come spiega Artaud) l’andare fino in fondo di tutto ciò che può il metteur en scène sulla sensibilità dell’attore e dello spettatore, senza alcun risparmio dunque di possibilità dell’attore.
Una ampia e esauriente introduzione di Paola Lalario guida nella comprensione del contesto in cui si situano gli scritti di Artaud.
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