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Esperimenti vegan e note sulla cucina francese

Pesto veganQuesta settimana Portanatura mi ha consegnato un consistente quantitativo di basilico, che si è aggiunto a quello che sta prosperando in vaso sul mio piccolo balcone… Così ho pensato di preparare il pesto, sperimentandone una variante vegan.

La soluzione più semplice (e la più diffusa a giudicare da una veloce ricerca su Google) consiste nel non mettere il formaggio, ma limitarsi a basilico, aglio, pinoli e olio… Però mentre mi accingevo a frullare il tutto (ad esclusione dell’aglio che, purtroppo, mi risulta un po’ indigesto) mi sono ricordata del formaggio di anacardi che avevo assaggiato da Sara diverso tempo fa (grazie, Sara!), così ho inserito anche gli anacardi in sostituzione dei classici grana e pecorino.

Il pesto (che mi ha dato grande soddisfazione) è stato quindi composto da:

basilico (circa 5 rametti folti…. 50 foglie a spanne)

una manciata generosa di pinoli

una manciatina piccola di anacardi

olio

Notare la mia precisione nell’indicare i quantitativi! In realtà non pensavo di inserire l’esperimento in un post e sono andata ad occhio con le quantità. Ne è venuto fuori un barattolino da 2 porzioni… beh, diciamo la verità: forse anche 4 porzioni, ma io mangio tanto, quindi ne ho consumato già metà per il pranzo di oggi!

Ho condito con il pesto vegan la quinoa, seguendo un suggerimento lasciatomi da Tiziana qualche post fa…. Devo ammettere: mi sono riconciliata con la quinoa, che condita in questo modo è risultata davvero gustosa! Inoltre, sulla confezione di quinoa che ho utilizzato è indicato un tempo di cottura di 25 minuti, ma questa volta ho spento il fuoco e l’ho lasciata riposare dopo soli 20 minuti ottenendo un risultato decisamente più gradevole rispetto alle precedenti cotture. Ho accompagnato la quinoa al pesto con dei pomodorini freschi che anche dal punto di vista cromatico integrano bene il piatto.

La quinoa con pesto vegan non è stata l’unico esperimento ben riuscito della settimana: ci sono state anche le lenticchie al cumino cotte nel coccio (il cumino è stato aggiunto solo dopo aver spento la fiamma, così come l’olio) e un ottimo riso integrale con verza. Sul riso e verza credo di aver già scritto più di una volta, visto che è un piatto che – scoperto solo da pochi mesi – è già entrato di buon diritto nella hit parade dei miei cibi preferiti. La novità è stata utilizzare il riso integrale e aggiungere alla fine il lievito alimentare anzichè il parmigiano.

E a proposito di riso… a Pasqua sono stata in Camargue, dove ho fatto una abbondante provvista di riso integrale classico e nelle sue varianti nero e rosso (il riso rosso è tipico della Camargue). Seguirà a breve un post sulla Camargue, ma nel frattempo ecco qualche considerazione circa la cucina francese.

Dunque, in Francia è possibile evitare di mangiare carne. Devo dire che l’impressione che ho derivato è che in generale nei ristoranti si trovino meno alternative vegetariane rispetto a quante ce ne siano in Italia… il che è tutto dire! In pratica, l’alternativa è il formaggio. Certo, la Camargue non è la Francia intera…

Nei miei tre giorni francesi ho fatto il pieno di formaggi, molluschi e crostacei (il pesce lo mangio… ancora, anche se è una creatura anche lui… ma questo argomento meriterebbe un altro post, che prima o poi magari arriverà). E arriviamo alla seconda considerazione: puoi evitare la carne, puoi anche rifiutare il formaggio (a questo punto probabilmente penseranno che tu sia pazzo) ma non puoi evitare il burro. Il burro in Francia è onnipresente, a partire da quei panetti di grasso che sono i croissant  per terminare nascosto dietro alla più innocente verdurina.

E veniamo alla terza considerazione (i “quasi pro” della cucina francese): ogni piatto viene sempre accompagnato da verdura. Qualsiasi portata sia, puoi star sicuro che accanto ci sarà dell’insalata (ovviamente condita con salsine) o uno sformato di verdura (burro), o delle pommes duchesse (leggi: patate al burro) o delle carote saltate (nel burro). Insomma, burro a parte, la cucina francese ha la sana abitudine di introdurre verdure di contorno a qualsiasi piatto.

Ovviamente, dopo questi 3 giorni ho sentito la necessità di ritornare a piatti semplici: legumi, cereali integrali, verdure crude e al vapore a volontà! Unico “postumo” che ancora mi trascino è un sacchetto di biscotti (ahimè, al burro) che ho acquistato da La Cure Gourmande ad Aigues-Mortes, negozio di perdizione alimentare per eccellenza, da cui sono uscita (oltre che con il suddetto sacchetto) con cioccolato, tartufi e scorze d’arancio ricoperte… evviva, un contributo pre-estivo alla salute e alla linea!

A presto per qualche immagine della Camargue, dei suoi villaggi e dei suoi fenicotteri.

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2 Responses to “Esperimenti vegan e note sulla cucina francese”

  1. Barbara says:

    “manciata” e “manciatina” sono dell’idea che dovrebbero essere a tutti gli effetti inserite nelle unità di misura per cucinare, ufficialmente…le usano in moltissimi ^_^

    mi piacciono i tuoi esperimenti e aspetto il momento in cui il muto dolore di pesci e crostacei riuscirà a scalfirti al punto da rinunciarvi. ma non c’è fretta, abbiamo diverse vite per parlarne 😉

    PS: mi fai il tuo pesto vero? ^^

  2. Titti says:

    Era da un po’ che ti aspettavo qui. Mi chiedevo dove fossi finita anche se ti immaginavo libera, in vacanza! Ma non immaginavo dove! Bella scelta la camargue! Aspetto foto! Un abbraccio! 😀

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