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Quando il vento incontra l’acqua

Diserto il blog per un mese e poi all’improvviso in un giorno scrivo una valanga di post… Fatto sta che questo pomeriggio ho deciso di fare un secondo giro per mostre, questa volta dirigendomi allo Spazio Forma. Una delle due mostre in corso termina oggi e sarebbe un peccato perderla… Così risalgo sulla bicicletta (evviva il Bikemi, vedi post precedente) e incredibilmente anche questa volta riesco a non farmi stendere. Ometto il fatto che tento però di schiantarmi contro un muro (che quello,  po’rello, manco di un millimetro ha intenzione di spostarsi…).

Giunta allo Spazio Forma, ecco la prima bella notizia: le due mostre sono gratuite.

La seconda bella notizia è che l’autore degli scatti di “Quando il vento incontra l’acqua“, il coreano Ham Cheol Hun, è presente e volenteroso di spiegare il suo lavoro attraverso una delle opere esposte. Inizia a parlare in inglese, ma appena si entusiasma passa al coreano (per fortuna c’è l’interprete!), raccontando di come ha catturato i riflessi della luce sulla riva del mare al tramonto attraverso un tempo di esposizione molto lungo. L’effetto è un insieme di punti di rosso sulle tonalità azzurre dello sfondo: il fotografo ci dice che la sua intenzione è mostrare attraverso la macchina fotografica qualcosa che l’occhio umano non riesce a cogliere, la presenza di un dio-natura. Elementi privi di forma e colore quali il vento e l’acqua rivelano al passaggio del tempo altre immagini delle cose che ci stanno attorno. Così gli alberi attraversati dal vento diventano un paesaggio surreale al pari del mare al tramonto: attraverso l’azione dell’acqua e del vento le fotografie non ci raccontano le cose come sembrano, ma come sono. L’unica fotografia che ritrae realisticamente una pozza d’acqua in cui si riflettono alberi in fiore contiene in sé un elemento di movimento nell’incresparsi dell’acqua e nell’ondeggiare degli alberi stessi, che perdono definizione come il passato attraverso la lente del ricordo. La didascalia recita: Un improvviso ricordo della strada bagnata e del passato che oscilla nel vento. Ciò che è antico e consumato è bellissimo.

La seconda mostra è “Infanzia in pericolo“, foto testimonianze di Luca Catalano Gonzaga sui danni dei cambiamenti climatici attraverso le immagini di popolazioni costrette a lasciare le proprie zone di origine a causa di siccità, carestie, inondazioni. Molte delle foto esposte si trovano sul sito di Witness Image, ma vederle stampate in grande formato ed appese ai muri è un appello ancora più potente a riflettere sui danni che l’uomo ha inflitto e infligge all’ambiente, incurante delle conseguenze che ciò provoca in paesi quali l’India, il Nepal, la Mongolia, il Burkina Faso, il Kenya. Le immagini che ci circondano nella grande sala chiedono a gran voce cosa sia la civiltà e quale ne sia il prezzo. Mi porto a casa la riflessione su cosa possiamo fare quotidianamente, nel nostro piccolo, per promuovere e incentivare modalità di consumo a basso impatto sull’ambiente.

Due esperienze così toccanti non potevano passare sotto silenzio ed ecco quindi il terzo post del giorno, mentre sorseggio un tè che viene dal Nepal e che profuma ancora di piante e non di aromi sintetici come troppo spesso accade con i prodotti dei nostri supermercati.

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