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Amleti possibili

Ho già detto che amo i teatri piccoli, quelli dove abbracci con lo sguardo gli altri spettatori e ti senti partecipe insieme a loro, quelli dove gli attori si muovono a pochi metri da te, cosicché ne senti quasi il respiro in faccia. Ho già detto che un paio di teatri milanesi sono quelli che più spesso frequento, proprio per questa atmosfera intima, e perchè a essere di scena lì sono gli attori, le persone, e non gli allestimenti spettacolari. 

Così, ieri sera ero al teatro Libero per una delle prime serate dell’Amleto. Non avevo letto nulla in proposito (intendo dire, a proposito di questa rappresentazione dell’Amleto… ovviamente invece ho letto più volte il testo di Shakespeare), quindi non avevo aspettative, forse solo mi immaginavo una versione abbastanza aderente al testo.

Invece c’è uno spazio scenico delimitato da pareti grigie dove appaiono e scompaiono gli attori, vestiti con abiti contemporanei (e qua bisogna aprire una parentesi… gli abiti: Amleto ha il look del figlio ribelle, Polonio del professore datato, Rosencrantz e Guildenstern il look del rappresentante di spazzole… Claudio il latin lover da balera, Gertrude in abito da sera rosso… Ofelia in jeans, acqua e sapone). La musica drammatica e metallica accompagna i momenti di buio che delimitano gli stacchi fra una scena e l’altra, dove gli attori rapidamente scompaiono per ricomparire in un diverso punto dello spazio scenico.

Le pareti grigie: leggo stamattina le recensioni (non so se a torto o a ragione, spesso le leggo dopo, per non esserne influenzata durante lo spettacolo), e apprendo che le pareti grigie sono lo spazio della memoria di Orazio, al cui ricordo Amleto affida morendo la sua storia. No, non avevo inteso questo riferimento allo spazio della memoria: durante tutta la rappresentazione, per me quelle pareti grigie sono state lo spazio della mente, la proiezione materiale dei pensieri ossessivi. Il senso di oppressione mentale e claustrofobia che ne consegue è comunque analogo, per cui se una delle chiavi di lettura dell’Amleto è il blocco dell’azione nella rete dei dubbi, lettura che fa di Amleto una delle prime tragedie della modernità, questa rappresentazione ne rispecchia l’essenza.

I dialoghi alternano fedeltà al testo originale con divertenti variazioni che nascono spontaneamente dalla caratterizzazione dei personaggi Shakespeariani, e che strappano al pubblico alcune risate. Anche questo in fondo è fedele allo spirito di Shakespeare, che pur nella tragedia non manca di inserire battute, magari dal retrogusto amaro, ma che non possono fare a meno di far sorridere.

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