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Tutti pazzi per Artemisia

Giorno infrasettimanale festivo (con marito al lavoro). Il segreto è alzarsi alla solita ora, docciarsi e vestirsi come se si dovesse andare in ufficio…. e invece. Perchè se non ci si fa forza in questo modo, si finisce col poltrire l’intera giornata, e poi ci si pente come di una giornata gettata al vento.

Esco per andare a Palazzo Reale, prima tappa è il mediamente affollato Les ateliers du Midi (monografia su Paul Cezanne): parto da lì non soltanto perchè è a piano terra, ma anche perchè immagino sia più gettonato rispetto alla pittura di Artemisia Gentileschi, quindi meglio andare di primo (si fa per dire) mattino, quando la coda è ancora accettabile. Bella mostra, mi appunto un po’ di frasi del pittore sulla sensazione, questo lavoro di approfondimento e studio che va oltre l’impressione e che marca la distanza fra Cezanne e i coevi Impressionisti : “Bisogna ridiventare classici tramite la natura, ovvero tramite le sensazioni”; “Dipingere dal vero non significa copiare la natura ma realizzare delle sensazioni”.

Dalla mostra si esce nel cortile interno di Palazzo Reale e da lì si può salire direttamente al primo piano, attraversando le ricche sale decorate e ammantate di arazzi, che già di per sé costituiscono una esperienza che vale il passaggio. Seconda tappa è l’esposizione delle opere di Artemisia Gentileschi, meno frequentata (come avevo previsto) ma non meno interessante. Anzi, se Cezanne è più “facile da trovare” fra mostre e musei, Artemisia è certamente meno alla portata e forse per questo più sconvolgente. Me la ricordavo dai tempi dell’esame universitario di Storia dell’Arte Moderna per la celeberrima Giuditta e Oloferne (una delle diverse da lei dipinte, quella più impressionante per realismo, che chiude la mostra milanese). Ma se questo quadro si conferma una sorta di culmine di intensità è il crescendo che si coglie attraversando l’esposizione che non può fare a meno di colpire lo spettatore. C’è la lezione del Caravaggio e dei Caravaggisti, c’è l’attenzione per i tessuti e per i ricami propria di tanta pittura dell’epoca (in primis quella del padre Orazio), c’è il gusto per gli scenari importanti e teatrali che prende piede nella prima metà del Seicento, e ci sono ovviamente tanti soggetti devozionali e biblici… ma quello che mi ha sorpreso e incantato è l’umanità, la verità di tutti i personaggi che sono fermati dentro al quadro in un istante di vita reale, vibranti di emozione vera. E’ lo strazio di Cleopatra, l’abbandono fiducioso della Maddalena, il disgusto unito alla determinazione di Giuditta, l’umanità tangibile di Gesù in fasce che punta il seno di Maria e, ormai adulto, ancora una volta la sua umanità nel discorrere con la samaritana. Si direbbe che ciascuno dei personaggi ritratti possa da un momento all’altro muoversi, voltarsi verso di noi e aprirci il cuore raccontando la propria storia.

Se l’ambientazione è, come vuole la moda dell’epoca, teatrale, si potrebbe dire che la pittura di Artemisia è un teatro contemporaneo, dove il personaggio vive davvero le proprie emozioni e non si limita a rappresentarle in scena. Forse proprio per questa verità implicita, e non solo per le vicissitudini personali dell’artista, la pittura di Artemisia è capace di emozionarci e di affascinarci più di altra pittura dell’epoca.

Uscendo, visto che ci siamo, non può mancare un’occhiata alla magnifica Sala delle Cariatidi con il particolare allestimento Inter | Vallum di Roberto Ciaccio…

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