Il problema non è (quasi) mai come ti vedono gli altri. Il problema è come ti vedi tu. Allieva: “Complimenti per lo spettacolo, sei stata eccezionale” Io, allontanandomi perplessa e tuttora chiedendomi: “Ma per chi mi avrà scambiato?” Io sono il mio limite da infrangere.
Un tempo mi piaceva vivere da sola. A differenza di tante persone che odiano la casa vuota e silenziosa, io ho sempre trovato nella solitudine una certa soddisfazione. Qualcosa però dev’essere cambiato in me, e non di poco, se il silenzio mi viene a noia.
Latito. Forse anche penso di chiudere i battenti. Il fatto è che non riesco più a scrivere, vivo all’esterno e tutto sommato non mi dispiace. Sarà che piccoli progetti sono stati accantonati a favore di uno più grande. Sarà che dopo la corsa arriva il momento del recupero. Sarà. In fondo questo spazio è un sentiero tracciato fra un punto
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Vivo in questa casa da dieci anni, i primi due mesi senza mobilio ad eccezione di un tavolo, la rete del letto e un vecchio comodino su cui stava il forno a microonde. I vestiti appesi in un armadio di plastica e la biancheria in grandi scatole colorate che in seguito avrei utilizzato per i costumi da danza. All’incirca in
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Una volta un’amica mi ha detto: “Hai uno stile molto personale nel vestire, molto riconoscibile”. Prima che me lo facesse notare lei, non me ne ero resa conto. Talvolta gli altri vedono in noi aspetti che noi stessi, compresi nella nostra identità, non sappiamo cogliere: li vediamo allora attraverso gli occhi altrui e li riconosciamo e accogliamo, oppure li allontaniamo
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Pensiamo che la felicità verrà domani, preceduta da grandi fanfare, e che la sentiremo arrivare da lontano. Invece no, la felicità non viene annunciata da tromba e grancassa: la felicità è silenziosa e si muove in punta di piedi. Vive nei piccoli gesti dell’oggi, nella vicinanza di persone care con le quali stiamo bene. Ma se non sappiamo amare questi
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I primi fiocchi di neve mi provocano ancora la medesima eccitazione che provavo da bambina: mi elettrizzo. Vengo da una città di mare, dove la neve è avvenimento eccezionale: l’anno in cui i fiocchi bianchi si posarono sulle panchine e sulle palme del lungomare, Oneglia malinconica la rivedo attraverso foto di allora impresse nella mia memoria più che non attraverso
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M’hai detto t’amo, ti dissi aspetta, stavo per dirti eccomi, tu m’hai detto vattene. (Jules e Jim, di François Truffaut) Non so dire se mi sia piaciuto Jules e Jim. Quel che posso dire è che mi ha inquietato. E non per il tragico triangolo, ma per i tratti del carattere di Catherine: quel voler sempre pareggiare i
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Ieri sera ho terminato di leggere Il giocatore invisibile. Chiudo gli occhi sullo sguardo del Professore che commisera sé stesso nell’altro, in testa il pensiero che a lasciare non è chi effettivamente lascia, ma chi viene lasciato. Ci proiettiamo, costantemente. Proiettiamo le nostre aspettative, i nostri desideri, e in definitiva noi stessi. Vediamo coincidenze, scopriamo analogie: proiezioni, che ci fanno
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La donna di un tempo è l’ultimo spettacolo della stagione al Teatro Libero. Una rappresentazione strana, che ad un tratto mi ha ricordato L’ultimo Capodanno dell’umanità di Niccolò Ammaniti. Sarà per il finale fatalista e surreale, dove gli eventi accadono si direbbe in maniera indipendente dalla volontà degli attori (ma non vi anticipo di più, caso mai voleste andare a
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