Durante una notte irreale, dove la luce sembra voler prolungare il giorno, un Sognatore incontra il suo Sogno, che altro non è che la vita stessa.
Tratto dall’omonimo e celebre racconto di Dostoevskij, la rappresentazione teatrale in scena in queste sere al Teatro Libero ne rispecchia fedelmente l’atmosfera, i dialoghi, e la struggente impossibilità di sovrapposizione fra Sogno e Realtà.
Protagonisti sono l’anonimo Sognatore e la giovane Nastenka, piena di vita e materializzazione dei sogni dell’uomo. Lo sfondo è San Pietroburgo, iconizzato in una panchina con un lampione e una ringhiera dietro cui nello sguardo ansioso di Nastenka scorgiamo lo scorrere della Neva.
Nastenka aspetta il ritorno del suo innamorato e dispera ormai di rivederlo. In quattro dense notti la ragazza e il Sognatore si raccontano, l’uno rivelando il suo mondo distante dalla realtà, l’altra parlando della propria vita al fianco della vecchia nonna in attesa del suo amore lontano. La conciliazione fra Sogno e Realtà per un istante sembra possibile nella dimensione sospesa della notte luminosa di San Pietroburgo, ma l’improvviso ritorno dell’innamorato di Nastenka ristabilisce l’ordine, ovvero la separazione fra sognato e vissuto. Sebbene il Sognatore non sembri abbattersi al dissolversi del suo sogno, la celebre chiusa Un singolo istante di felicità è forse poco per riempire l’intera vita di un uomo? suona straziante nel rapido vuoto ricreatosi intorno all’uomo, al quale non rimane che una lettera d’addio.
Testo poetico e struggente, Le Notti bianche commuove nelle parole di Dostoevskij ed emoziona in questo adattamento teatrale.
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