Quando ero ragazzina ad Imperia Oneglia erano due le librerie di riferimento per me: la Libreria Dante (che era anche cartoleria e vendeva dalle cartelle ai diari scolastici, dalle penne ai sussidiari… oltre naturalmente a libri da lettura) e la Libreria La Talpa (un piccolo locale pieno oltre misura di libri). La Libreria Dante è stata il primo luogo di approvvigionamento di me lettrice bambina, mentre ho iniziato a frequentare La Talpa dalle scuole Medie in avanti e soprattutto alle Superiori, dal momento che si trova sulla strada che percorrevo per tornare a casa da scuola e curiosarne la vetrina era un richiamo irresistibile.
Durante i miei primi anni di lettura, avevo l’illusione che avrei potuto leggere tutti i libri, o per lo meno tutti i libri che mi interessavano: la dimensione circoscritta delle librerie che frequentavo mi confortava in questo pensiero. Già al Liceo questa fantasia era venuta meno: avevo iniziato ad andare un paio di volte all’anno a Genova dove per la prima volta mi ero confrontata con la realtà delle librerie a più piani, dove il solo ingresso mi elettrizzava e dove potevo passare ore senza accorgermi dello scorrere del tempo.
Poi sono venuti gli anni dell’Università, lo studio in biblioteca. A Pisa le biblioteche non mancano e la mia preferita era la Biblioteca della Scuola Normale Superiore (per fortuna ad accesso non limitato ai soli normalisti). Si entrava dall’ingresso sulla stupenda Piazza dei Cavalieri e ci si inoltrava in un dedalo di stanze e stanzette, salendo e scendendo di piano, fino a perdersi fra libri e polvere e l’impalpabile passaggio di mani che prima di me avevano sfogliato le medesime pagine. L’ala che frequentavo maggiormente (quella di storia del Novecento) era spesso deserta, mi arrampicavo sulla scala per raggiungere i libri posizionati più in alto e a volte rimanevo appollaiata lassù, guidata da curiosità che mi portavano ad aprire libri diversi da quelli che originariamente cercavo.
E’ venuta la Fiera del Libro di Torino, che all’epoca era per me un appuntamento annuale irrinunciabile. Ormai avevo capito che non sarei giunta ad abbracciare l’universale sapere, ma aggirarmi fra i banchi degli espositori, trovare testi che da tempo cercavo o altri che ignoravo del tutto, tornare a casa con il bagagliaio pieno di libri mi dava un’emozione che ancora oggi al ricordo mi riempie il cuore.
Sono venuti gli insegnanti universitari, bibliofili che non potendomi trasmettere l’amore per la carta stampata (quello era già impresso nel mio DNA) mi hanno insegnato ad apprezzare le edizioni di valore. Ricordo che il mio primo insegnante di Letteratura Italiana un giorno ci raccontò che quando era ragazzo ogni Natale si faceva regalare un tomo di Riccardo Ricciardi Editore. Io mi feci regalare le opere di Dante e quei bellissimi volumi dalla carta scura e dalla copertina pesante sono ancora il vanto della mia libreria, opere che per nulla al mondo oltraggerei di un segno a matita, io che sottolineo, appunto, pasticcio e scarabocchio libri dall’inerme edizione economica.
Sono poi approdata a Milano e non ho faticato a identificare la libreria di eccellenza per i miei interessi: la Hoepli, che accanto alla letteratura proponeva piani interi di saggistica e manuali specialistici. Un paradiso. All’epoca il mio piano preferito era il sesto, quello in cui si trovavano testi che parlavano di marketing, comunicazione, pubblicità. Questo perché studiavo quelle materie e su di esse principalmente mi concentravo, ma era bello salire lentamente lungo i piani, fermarsi a ciascuno di essi e curiosare fra gli scaffali, scegliendo di volta in volta un volume di design o un classico della letteratura o un saggio di sociologia. Un aneddoto: una volta, fulminata da chissà quale intenzione, ho comprato persino Basi di dati, un manuale che studiano – o studiavano – alla facoltà di Ingegneria. Ovviamente non l’ho mai approcciato, ma a suo modo è un grande classico da tenere in casa.
A partire dal 7 Gennaio la Hoepli ha dovuto mettere i suoi 60 dipendenti in cassa integrazione. Effetto della crisi economica? O piuttosto effetto di una crisi generale del mercato librario italiano? Leggo che le vendite di libri in Italia nel 2012 sono diminuite del 7% sull’anno precedente. La mia impressione è che la crisi economica c’entri poco con il fatto che si leggano in Italia meno libri e meno libri di spessore (senza alcun riferimento al numero di pagine). Ma per non limitarmi ad impressioni che si riducono a chiacchiere da bar ho cercato in rete qualche dato: per la maggior parte le statistiche consolidate fanno riferimento al 2011 (dati presentati all’annuale Fiera di Francoforte di ottobre), ma già circolano anticipazioni su ciò che è stato il 2012. Ne estrapolo qualcuno: la lettura di libri (dove per lettura di libri si intende l’aver letto almeno un libro nei precedenti 12 mesi) subisce un calo del 4% nel primo trimestre 2012 rispetto al medesimo periodo 2011 (notare che il 2011 aveva già registrato un calo del 2,7% rispetto al 2010). I lettori di almeno un libro negli ultimi 12 mesi nel 2011 sono stati il 45,3% della popolazione italiana di età superiore ai 6 anni; di questa percentuale, solo il 45,6% legge da 1 a 3 libri all’anno (quindi se non ho fatto male i calcoli si tratta del 20,7% della popolazione italiana di età superiore ai 6 anni). Consideriamo che la percentuale è calcolata sulla popolazione superiore ai 6 anni, quindi vi rientrano anche i bambini e ragazzini che sono obbligati (almeno, ai miei tempi era così) a leggere libri all’interno del programma scolastico! Il 45,3% di lettori di almeno di un libro così largamente conteggiato si scontra drammaticamente contro le percentuali di lettura registrate in altri Paesi: senza scomodare quelli lontani, guardiamo poco oltre i nostri confini e troviamo un 70% di popolazione di età superiore ai 15 anni (quindi tagliando fuori gli scolari!) che in Francia ha letto almeno un libro negli ultimi 12 mesi. Sarà perché da noi vanno di moda gli ebook? Ma nemmeno per sogno, gli acquirenti italiani di ebook sono soltanto l’1,1% della popolazione superiore a 14 anni.
Credo di aver estrapolato informazioni a sufficienza per suffragare il luogo comune e l’impressione che in Italia si legga drammaticamente poco. Resta da provare che si legga male. E qui arrivo ad un rapporto Nielsen Bookscan Italia del dicembre 2012, che non soltanto conferma il trend di vendite negativo per l’anno appena concluso, ma prende in considerazione anche i titoli: mentre nel 2011 si osserva una certa frammentazione fra i 10 bestseller (con quote di mercato non troppo dissimili l’uno dall’altro), il 2012 registra la preponderanza percentuale dei primi 4. I titoli? Se già non li sapete, tenetevi forte: Cinquanta sfumature di rosso, Cinquanta sfumature di nero, Fai bei sogni, Cinquanta sfumature di grigio. Altro che far bei sogni: questo scenario è da incubo. Posso essere tacciata di snobismo, è vero: contravvenendo al proposito di parlar solo di ciò che si conosce, ammetto di non averne letto nessuna delle sfumature, per deprecarle mi è stato sufficiente imbattermi in commenti e stralci diffusi in rete.
La conclusione di questo lungo sproloquio? Non è un invito a leggere (sono convinta che quel 54,7% di italiani che in un anno non leggono neppure un libro non arriverà neppure per caso sul mio blog e comunque anche se ci arrivasse non si soffermerebbe certo su un post che parla di librerie… peraltro, esiste qualcuno che è riuscito a sopravvivere al mio fiume di parole e a seguirmi fin qui?), quanto piuttosto un invito a riflettere sulle radici e sulle direzioni dei mutamenti in atto. In un libro che ho recentemente letto (I Barbari di Baricco) si invita ad andare a fondo e capire i cambiamenti per poter cavalcarli e per così dire domarli, riuscendo a salvare ciò che del passato riteniamo importante.
Come mettere in salvo nell’attuale scenario la buona lettura, che si traduce in cultura e in capacità di comprensione? La Hoepli ha intrapreso il cammino della modernizzazione pur nel rispetto della propria identità, attraverso l’apertura di un portale per la vendita online, l’accordo con Amazon per la vendita di Kindle presso il punto vendita milanese e nuovi progetti che prevedono di sfruttare nel migliore dei modi il digitale per continuare a fare cultura.
I dati attuali mi portano ad essere pessimista e ritenere che non sono azioni che possano contrastare il dilagante disinteresse verso la lettura. Potranno sì (e glielo auguro di cuore) avvicinare ancora di più la Hoepli alla minoranza di lettori assidui. Ma come avvicinare gli altri? Ecco, io credo che questo sia un interrogativo fondamentale se oltre a curarci dell’oggi aspiriamo a migliorare il domani.
“…esiste qualcuno che è riuscito a sopravvivere al mio fiume di parole e a seguirmi fin qui?”
Si, esiste… eccolo! Ho letto il tuo articolo d’un fiato ed avrei voluto non finisse più. Sono arrivato sul tuo blog in tempi relativamente recenti (credo, se non ricordo male, seguendo un commento su un altro blog… forse quello di Barbara che vedo tra i tuoi followers) e questa sera, quando sulla bacheca di blogger con i siti che seguo ho visto comparire le parole “libri” e “librerie”, mi sono precipitato con entusiasmo e curiosità.
Lo dichiaro subito… se non mi metto un freno rischio di scrivere un post sul post, quindi proverò a sintetizzare. Prima di tutto grazie perchè questo articolo è una sintesi di tante cose che amo e che mi hanno accompagnato fin dall’adolescenza. Libri e librerie hanno sempre occupato un posto importante nella mia vita, sono sempre stati per me un punto di riferimento, ed un sogno, addirittura un rifugio. A volte saltavo scuola per andare a chiudermi in biblioteca e respirare quell’aria, sentire quel silenzio… sognavo di diventare un bibliotecario, aprire una libreria, scrivere un libro; non è stato nulla di tutto questo. Con i soldi spesi in libri negli ultimi anni però avrei potuto acquistare una discreta berlina e se non ho contribuito alla causa della Fiat e della Volkswagen ho certamente aiutato piccole e grandi case editrici.
I libri mi affascinano in quanto tali, a volte indipendentemente dal contenuto. Il solo fatto di acquistarli ed averli con me mi da quasi sicurezza ed il gesto dell’acquisto mi regala una felicità che ha pochi eguali. Ore in libreria a sfogliare, guardare copertine, apprezzare la bella qualità tipografica, la carte a gli inchiostri dei libri fotografici.
Capirai che le tue anticipazioni sulla crescente crisi del settore siano per me una bruttissima notizia… ragionando in senso più ampio, sul settore della cultura in genere, sembra che il declino nel nostro paese sia inarrestabile. Forse l’editoria digitale ha un suo peso. Io, pur essendo amante della tecnologia, preferisco la buona vecchia carta, il libro su cui posso appiccicare un post-it o dove posso utilizzare uno dei tanti segnalibri che invadono la mia scrivania. Molti però preferiscono gli ebook reader, i libri che costano un po’ meno e non occupano spazio, qualche libro che “tanto lo scarico da internet senza pagarlo”. Però… se il digitale può avere responsabilità, perchè solo da noi? Per non parlare dei quattro titoli che hai citato, la cena mi si è bloccata sullo stomaco (son gusti, per carità, ma io piuttosto che le sfumature di qualunque colore rileggerei tre volte di seguito la Storia della colonna infame).
Alessandra, perdona se mi sono dilungato ma il tuo post è stato una tentazione irresistibile per condividere qualcosa cui tengo molto.
Spero che tra qualche ricetta e qualche bella foto tu possa tornare presto a parlare del magico e meraviglioso mondo dei libri e delle librerie. Anzi… prometto che una delle prossime sere approfitterò di questa idea per raccontare qualcosa sull’argomento.
Un saluto ed a presto 🙂
Flavio
Flavio, sono io che ti ringrazio per la tua attenzione e per il tuo commento. Da ciò che scrivi noto che abbiamo diverse cose in comune: l’aver sognato di diventar bibliotecario, aprire una libreria, scrivere un libro… senza poi aver fatto ahimè nulla di tutto ciò; e naturalmente l’aver contribuito di tasca propria a sostenere piccole e grandi librerie 😉
Parlare di libri e del fascino che da sempre esercitano su di me è per me un piacere. Amo la carta stampata, il suo profumo e il suo frusciare… Tuttavia mi rendo conto che è pericoloso rimanere troppo ancorati al passato mentre i tempi evolvono, quindi ben vengano anche gli ebook… Io preferirò sempre il supporto tradizionale, ma se il digitale aiuta a vendere e leggere più libri, perché no? Il dramma è che in Italia proprio non si legge, indipendentemente che si tratti di libri o di ebook…
Un saluto anche a te e buone letture 😉
Che bello leggere il tuo post proprio dopo le visite di questa settimana in libreria. Telepatia!
Purtroppo si legge poco e se anch’io – che sono una media lettrice – ho messo tra i propositi quello di leggere di più significa che il problema esiste….
La descrizione delle librerie di Imperia mi piace perchè sono luoghi familiari!! 😉
Titti… se tutti leggessero il “poco” che leggi tu saremmo un Paese di grandi lettori! 😀