Cerchiamo nei libri: risposta a domande incerte, soluzione ad enigmi vissuti. Da altri. Consolazione, in fondo: conforto. Comunione, partecipazione. La certezza di non essere solo, solo ad avere sofferto. Motivazione, modulata spiegazione. Senso.
Le parole non sono senso, non hanno senso. Insensibili. Il senso di chi legge: non troviamo nella pagina scritta ciò che non troviamo nelle nostre pagine.
Mi sfoglio, contro stagione. Tremo, e non basta il sole.
Quelle parole senza senso fanno male e vibrano eterne. Della macina del tempo, farina inconsapevole. Il freddo permane, si allunga in primavera posticipata.
Modifichi una nota e non è più la stessa melodia.
Sposti uno scalino e non è più la medesima scala.
Pronunci una sillaba e non è più la medesima vita.
Questione di accenti. Sincopato. Uno sbadatamente scivola un poco più in là, dove ieri non c’era, e voilà: cadi. Marionetta che precipita nel baratro del non detto. Interdetto.
Buio. Silenzio.
Apri gli occhi: una pagina bianca.
Una lacrima scivola, lenta. Chiudi il libro.
ieri sera ti pensavo.. avevo il pc già spento.. altrimenti sarei venuta prima.. – quì lascio la traccia.. e passo dall’altra parte.. un abbraccio mai cara ale
ci si sente fuori posto come neve sopra il mare, fuori tempo di un secondo quando vorresti essere ora. sono solo parole mischiate a punta, che chi legge legge per sé, imitando chi le ha scritte. rubando e facendo proprio.
è solo tempo di aspettare, forse. che passi il vento per tornare a sentire.
ha colto in modo poetico quando sia insensato quel che viviamo. Non perché non significhi nulla, ma perché a volte è davvero sufficiente il cambio di un accento per direzionare la vita in un modo o nell’altro. Siamo davvero protagonisti di tutto quel che ci accade. Impossibile. Ed è meglio così a volte; meno responsabilità, minori colpe, minori angosce. Ma spesso c’insegnano il contrario, così è nato il senso di colpa che schiaccia. Non voglio dire che non siamo mai responsabili, solo che ci vorrebbe una via di mezzo, in medio stat virtus.