Ci sono città da visitare, guida in tasca e piantina alla mano, per non perdere neppure un monumento, una cattedrale o un tempio, un ponte, un museo…
Ci sono città da vivere: quelle in cui vagare senza meta, divertendosi nello scoprire angoli nascosti, sbirciando le vetrine e curiosando nei negozi, sedendosi su una panchina soltanto per osservare con calma il passeggio, studiando i volti le espressioni le andature…
Emblema delle città da vivere per me è sempre stata New York, quella grande mela in cui nulla è veramente imperdibile se non il fatto di essere ed essere lì. Ma ora un’altra città si è affiancata a NYC nel novero delle mie “città da vivere”: Tokyo, con il suo skyline baciato dal mare, struggente e bello come un mantello di stelle, con le sue ampie vie percorse da ondate di taxi e le strade strette su cui sporgono grovigli di cavi elettrici, i negozietti tagliati fuori dal tempo e i grandi magazzini su nove piani, le insegne coloratissime che invitano nel reame dei manga e i manga che si muovono in mezzo a noi, persone sgattaiolate fuori da un cartoon o cartoon nati intorno alle persone.
E proprio le persone sono parte integrante del fascino di Tokyo: giovani – tanti, tantissimi giovani – dai look eccentrici e studiati, i cui cosiddetti accessori perdono il carattere di accessorietà e diventano costitutivi di una apparenzessenza. La forma è fondamentale: lunghe ciglia finte, capigliature estremamente curate con piastre liscianti e boccoli artificiali, unghie smaltate e decorate con brillanti adesivi, abbigliamento accuratamente composto da tanti micro-strati… Le ragazze sono la dichiarazione vivente di una filosofia per cui si è quel che si appare.
Il piacere della forma pervade ogni contesto e si impone nel campo gastronomico, con piatti pensati per appagare l’occhio non meno che il palato. Piatti in cui protagonista è il mare: pesci, molluschi, crostacei si alternano in una girandola ittica di impareggiabile freschezza. Attraversare il mercato di Tsukiji all’alba è un’esperienza indimenticabile, suoni ovattati di veloci mani esperte che puliscono e tagliano il pesce, preparandolo per la distribuzione. L’amore per il mare e per i suoi frutti è il sentimento che si sprigiona dai volti e dai gesti sapienti di questi uomini signori di un mondo sospeso fra l’acqua e la terra.
Come percorrere la città dal piedestallo della monorotaia, lo sguardo che scorre sui tanti quartieri che si susseguono diversissimi l’uno dall’altro, fino a compiere un giro completo su se stessa per imboccare Rainbow bridge, il bellissimo ponte che porta ad Odaiba, per attendere la sera dinanzi alla baia e sopire la frenesia del giorno con le acque calme della bassa marea.
Non c’è un colore che identifica Tokyo: solo l’arcobaleno del multicolor rende l’abbondanza di stimoli visivi che invade la mente ed esplode al sopraggiungere del buio in un tripudio di luci al neon. Akihabara, Shinjuku, Shibuya, Roppongi… da un lato all’altro della città le luci si accendono e si richiamano, mentre le metropolitane e i treni attraversano veloci lunghe distanze, accompagnandoci nella scoperta, in mezzo agli impiegati che escono dagli uffici e si trattengono fuori fino allo scoccare della mezzanotte.
L’ultimo treno accoglie frotte di ritardatari, che si riversano correndo lungo i binari. Sfreccia veloce e inflessibile, come la zucca di Cenerentola, e soffiando su tutte le luci addormenta al suo passaggio la città, affidandola alle braccia tiepide della notte.
ciao Alessandra e ben tornata ;-)sei bravissima!!! hai descritto in maniera stupenda l’atmosfera di Tokio..mi sembrava di sentire l’odore del pesce al mercato di Tsukiji… sei splendida..un abbraccio..pier
si è quel che si appare.. – è un pò come uno schiaffo in faccia.. – felice di vivere da questa parte del globo.. – belle le tue impressioni yas.. molto.. bacio
@ pier: grazie… sempre gentilissimo 🙂 un bacio
@ monia: sai… non lo so… è tutto così diverso che finisci per accogliere tutte le sensazioni che ti vengono incontro, senza giudizi di valore… E la cosa curiosa è come convive un fortissimo formalismo (quasi una ipertrofia dell’esteriorità) con una spiritualità molto intensa, addirittura palpabile quando ti siedi in un tempio a contemplare le pietre dei giardini zen, che all’improvviso non sono più pietre ma il viatico per la sospensione dei pensieri più materiali…
(comunque sì, le ragazze di tokyo sono estremamente, troppo, costruite… 🙂