Ieri sera ho assistito ad uno spettacolo davvero interessante: il testo è il Guardiano di Harold Pinter (il mio primo approccio a Pinter, devo ammettere), la regia è di Lorenzo Loris e la recitazione è… mozzafiato! Avevo già avuto il piacere di apprezzare i medesimi attori oltre un anno fa in Aspettando Godot, e questa interpretazione conferma il mio entusiasmo nei loro confronti… in particolare Gigio Alberti è fenomenale, perfettamente calato nel ruolo del senzatetto a cui tuttavia non mancano numerose pretese. Con pari naturalezza Mario Sala indossa le vesti dell’elettroshockato padrone di casa, mentre il fratello a mio parere entra un po’ più forzatamente sulla scena, ma presto si riscatta in una esilarante quanto improbabile proposta di acquisto all’attonito clochard.
La trama in breve: un senzatetto viene ospitato in casa propria da un individuo ai limiti dell’autismo, che gli proporrà in seguito di occuparsi dello stabile in qualità di guardiano. Stessa proposta gli verrà fatta dal fratello più giovane, che, a contrasto con il più anziano, è invece visibilmente accelerato nelle azioni e nella loquela. Il clochard, che ha accettato di buon grado il trasferimento sotto un tetto, non perde occasione per lamentarsi degli spifferi, delle perdite d’acqua dal soffitto, delle nuove scarpe che gli vanno strette… il tutto senza aver intenzione di accettare un incarico che comporti un lavoro. In compenso, la sua presenza diventa elemento di rottura dell’equilibrio fra i due fratelli, i quali non comunicano mai (addirittura, non sono quasi mai contemporaneamente in scena).
Tre personaggi rinchiusi nei propri desideri e nei propri istinti di autoconservazione, incapace ognuno di vedere al di là di sè stesso (paradossalmente l’autistico sembra l’unico in grado di vedere l’altro): personaggi che sempre più si costringono all’interno di un involucro di cellophane, come le proiezioni sottolineano.
L’ambientazione viene traslata dall’originario sobborgo di Londra ad una Milano periferica, mantenendo il suo portato minaccioso e incombente sulla casa, unico rifugio e bene per cui lottare.
Suggestive le luci, che riverberano sul secchio appeso a raccogliere le perdite d’acqua dal soffitto e sulla precarietà di una stanza dai mobili sempre coperti.
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