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Teatro di narrazione: Kohlhaas

Un ricco spettacolo minimalista, con questo ossimoro definirei il Kohlhaas di Marco Baliani.

Minimalista, perchè sul palco c’è un uomo, vestito di nero, seduto su una sedia per 90 minuti.

Ricco, perchè per 90 minuti non vediamo quell’uomo, ma attraverso le sue parole vediamo campagne, mandrie di cavalli, boschi, villaggi e castelli feudali, il barone Von Tronka, il fedele servo Hersch, la dolce Lisetta, il Principe di Sassonia, i due bellissimi cavalli morelli e il loro ridursi pelle ed ossa, vediamo le masse che seguono Michele Kohlhaas e i villaggi messi a ferro e fuoco, vediamo il patibolo e vediamo morire un uomo dopo aver inghiottito il foglio che poteva salvarlo: tutto questo accade dinnanzi ai nostri occhi, grazie ad una potente ricreazione sensoriale che fa vivere le parole stesse.

Sulla sedia, Baliani ha a disposizione non solo la sua voce, ma anche il corpo che diventa strumento narrante pientamente integrato con la parola: così l’attore cavalca, si stupisce, si indigna, piange, viene colpito, con l’intensità di una azione vissuta.

Nella narrazione di Baliani, Kohlhaas il giustiziere insorto contro le autorità costituite è un uomo, un uomo con i suoi desideri, le sue emozioni, i suoi sentimenti e soprattutto il suo senso della giustizia. Il sopruso subito da parte del barone Von Tronka diventa questione che travalica i due cavalli ingiustamente sottrattigli: è in gioco la giustizia stessa, perchè se il cerchio della giustizia si infrange in un piccolo punto qualsiasi, allora può essere infranto in qualsiasi altro punto. Per questo suo senso di giustizia, Kohlhaas rifiuterà di salvarsi dopo essere divenuto lui stesso “fuori legge”, dopo aver quasi inconsapevolmente guidato masse di contadini a combattere contro i villaggi tedeschi che offrivano rifugio al barone, ed infine a combattere contro l’esercito stesso del Principe di Sassonia. Kohlhaas così passa alla storia, non come un ribelle sanguinario, ma come un eroe della giustizia, mentre del principe di Sassonia non rimane neanche il nome.

Elaborato da un racconto di Von Kleist, il testo di Baliani supera i confini e l’epoca dell’ambientazione (il Cinquecento tedesco) e ci si propone attualissimo nell’interrogarsi sull’essenza della giustizia.

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5 Responses to “Teatro di narrazione: Kohlhaas”

  1. Bibi says:

    io non ho mica capito però se ti è piaciuto ^^
    baciotto 🙂
    Bibi

  2. Alessandra says:

    Sí, moltissimo! Altrimenti avrei scritto “una palla tremenda” ihihihih… Molto coinvolgente, ho anche pianto parecchio per i poveri cavalli morelli…

  3. Bibi says:

    ho avuto un’idea: la prossima volta facciamo un buffet in piedi solo finger food, per lo più polpettine millemodi e salsine e crostini sfiziosetti, epoi ce ne andiamo al cinema o a teatro.
    è? 🙂
    baci ^^
    B.

  4. alessandra says:

    mi sembra ottimo 🙂

  5. Bibi says:

    umm……lo so che il tuo è un blog per intenditori litteroimpegnati (e io che ci faccio allora?? hahhah) ma passa da me, hai un premio da ritirare 🙂
    B.

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