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Sala di lettura

1184809_six_books Leggo molto, ultimamente. Leggo molto e scrivo poco, anomala equazione. Che per scrivere è necessario avere concetti e opinioni chiare in testa (o forse le idee si schiariscono oggettivandole?) e non è cosa da poco. E poi leggo libri che non si prestano facilmente alla recensione, per lo meno da parte mia…

Mi sono immersa nella Francia della prima metà del secolo scorso, e ho tirato fuori Bréton, Bataille, Cocteau, Queneau (inconsciamente il mio percorso di lettura ha seguito un sentiero di assonanze?) in attesa forse di affrontare Il muro che occhieggia già da un pezzo…

Nadja… ne avevo letto alcune pagine all’Università, all’interno del programma di Letteratura francese, un corso monografico dedicato al fantastico nella Letteratura (ou bien le fantastique…). La scena era quella in cui Nadja e André passeggiano (ils flanent…) per le vie di Parigi e giungono nei pressi di un edificio che suscita in Nadja sconvolgimento emotivo: è forse il primo vero irrompere del magico e dell’irrazionale nel presentarsi alla luce di frammenti di vite precedenti. Queste poche pagine sottolineate sulle dispense sono rimaste nella mia memoria finché tempo fa ho trovato il libro intero, che ha stazionato sui miei scaffali diversi mesi prima di passare al comodino (o – più spesso – alla capiente borsa). Un libro che è un costante fluire di fatti non filtrati ma riportati, corredato da foto per meglio accompagnare l’oggettività della trascrizione con l’oggettività dell’immagine (ma la scelta non è forse soggettiva?). Di Bréton mi ha sempre affascinato l’idea di medium, mezzo attraverso il quale l’oscuro, lo sconosciuto e l’inconoscibile si esprime. E Nadja era un libro-mito, di cui non potrei dire se ha rispecchiato le aspettative o meno: è Nadja e rimane, per me, il simbolo e l’essenza del surrealismo.

Poi è stata la volta di un Cocteau, che ha preluso ad un Bataille, seguito da un altro Cocteau. Il primo è stato Les enfants terribles, e durante tutta la lettura non ho potuto far a meno di pensare al triangolo di The Dreamers come ispirato dai fratelli Paul ed Elisabeth e dal loro amico Gérard. Terminata anche l’ultima pagina (non prima, per timore di rovinarmi il seguito della lettura) ho trovato conferma alla mia ipotesi (grazie Google!) in un intervista a Bertolucci dove in effetti il libro di Cocteau si trovava citato. E saltando di palo in frasca, dal futuro cinematografico al passato cronachistico, nella dipartita di Michael ho letto gli echi dell’impressione che deve aver suscitato un paio di anni prima la tragica morte di Isadora Duncan, impigliata nella sua lunghissima sciarpa bianca.

L’Abate C, un Bataille moderatamente trasgressivo (certo, trasgressivo in rapporto all’epoca… ora il suo romanzo potrebbe essere tranquillamente letto in terza media…) che intreccia una trama sempre tenuta al limite: quasi duecento pagine in cui sembra aprirsi un abisso di abiezione ma che in realtà non contiene se non angoscia esistenziale  (sì, insomma, personaggio eminente e grande pensatore e figura fondamentale della letteratura del Novecento, Bataille… ma L’Abbé C non mi ha lasciato molto, se non il bellissimo titolo in lingua originale).

Anche il Cocteau di Travestimenti viaggia sul filo del rasoio: l’equilibrista, il pugile, il torero giocano con la vita e ne colgono l’essenza proprio sul punto di perderla. Sono scene, spaccati, istantanee che rapprendono l’atmosfera plumbea e opprimente di un periodo devastato dalle recenti guerre. Quelle figure che che oscillano sulla lama della vita vogliono forse ricrearne una consistenza dopo che ogni consistenza è stata sfaldata.

E la lettura odierna è il Queneau dei Fiori blu, sul quale forse spenderò qualche parola di più…

Non scrivo spesso, ultimamente, ed ora che l’ho fatto ho prodotto un post interminabile. Ovvero una di quelle cose illeggibili su web. Fantastico.

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One Response to “Sala di lettura”

  1. francy says:

    amo legegre anche se purtroppo di queste tue letture ne conosco solo il nome…

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