L’Occidente – diceva – è la cultura intesa come scienza, cioè come conoscenza del mondo attorno all’io, mentre l’io è solo strumento e luogo di pensiero; ne derivano le scienze della natura e dell’osservazione. L’Oriente invece – cioè l’India, poiché secondo lui tutto venne da lì anche in Giappone attraverso la Cina e la Corea – vuol dire cultura in quanto ricerca dell’io pensante, il pensiero inteso come pensiero dell’io che pensa se stesso perché l’io non è parte del tutto, ma il tutto. Il distinguere è illusione; il tutto, l’assoluto, è la verità. Cercare di distinguere è la via dell’errore. In queste due direzioni – dice lui – il mondo s’è mosso per secoli arrivando a questo pauroso abisso di oggi in cui da una parte c’è l’io che ha dimenticato sé stesso nella conoscenza dell’attorno, anzi è diventato schiavo del conosciuto – la civiltà della macchina e la fine dell’umanesimo -; dall’altra parte c’è l’io che ha raggiunto profondità ricchissime e forme di cultura avanzate, ma che, avendo dimenticato la conoscenza dell’attorno, ora muore di fame e ancora di peste e di lebbra…
(T. Terzani, In Asia)
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