Il bravo attore si riconosce dalla capacità di vivere le emozioni in scena, trasmettendole al pubblico con l’intensità del vero. Affermazione di per sè piuttosto ovvia ma sulla quale, come in genere avviene per le evidenze, non mi sono mai soffermata a riflettere.
Se non che all’interno del corso di recitazione che sto seguendo mi è stata assegnata una scena che prevede che io scoppi a piangere, e la mia attenzione è stata per forza di cose costretta a concentrarsi sulla differenza che intercorre fra la forma dell’emozione e la sua realtà dirompente.
Ora, il punto sta proprio nel non limitarsi a imitare l’involucro, ma a sentire dentro di sè la sostanza: emozionarsi davvero per emozionare veramente il pubblico.
Così la banalità di una affermazione nasconde un lavoro faticoso che costringe a scavare dentro sè stessi, trovare i barlumi di gioie e dolori trascorsi, riviverli intensamente come nell’istante in cui accaddero e, passaggio fondamentale ma estremamente difficile, serbarli sempre pronti all’uso.
Con questa consapevolezza molto più di prima apprezzo una bella interpretazione, a teatro come al cinema: una interpretazione in cui scorra la vita e non una sua vuota rappresentazione.
umm.
non mi scappi, dovrai confessare dove e quando, e io ci verrò.
baci 🙂
Bibi
non c’è vacanza.. o occasione.. nella quale mio papà non mi ricordi che io.. da bambina.. piangevo a comando.. e non per finta.. piangevo proprio.. e non so nemmeno io il perchè.. o il come.. – serena serata ale :*)
@ bibi: certo, sarà fatto se ci sarà quel momento… quest’anno selezionano le scene da portare in pubblico, e non so mica se le mie passano…
@ monia: ecco, il come mi interesserebbe proprio in questo frangente :-))
baci a entrambe