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Impressioni in extremis (il mattino ha l’oro in bocca)

Ultima occasione per vedere la mostra dedicata agli Impressionisti, oggi – unica opzione svegliarsi presto per (sperare di) evitare interminabili code.

Esco di casa alle 9.30, c’è gente in giro, un bel sole e una scia che si sbriciola in sbuffi vaporosi. Milano nell’aria limpida mi toglie il fiato, ripongo in borsa le chiavi dell’auto e mi avvio alla metropolitana. Sorrido, sto diventando addicted ai mezzi pubblici, evito l’auto per quanto mi è possibile. Vorrei una bicicletta per girare oggi che le strade sono tranquille, nei giorni feriali le due ruote mi fanno paura.

In pochi minuti sono in Duomo, in tempo per evitare la ressa che si accalcherà un paio d’ore più tardi. La mostra merita, anche se non ne comprendo appieno l’ordinamento. D’altra parte, rinuncio ben presto a seguirlo pienamente, mi aggiro qua e là fra le sale cercando la zona meno affollata, leggo le numerose didascalie ma poi mi fermo dinnanzi alle opere con la mente vuota. Tutto quello che ho studiato in fatto d’arte è in qualche lontana soffitta, mi fermo e guardo, lascio che i colori entrino in me, io in loro. Le tele di Renoir mi catturano, affondo dentro di loro, mentre le tonalità tristi di Manet si chiudono dietro una lastra di vetro. Mi perdo nei dettagli dei quadri di Boldini, i ricami dello scialle e il tappeto, elementi secondari che ipnotizzano la mia attenzione. I piani si capovolgono e il vuoto mi afferra nella classe di danza di Degas, sovvertimento di punti di vista. Forse il giusto modo per me di godere dell’arte è sospendere ogni velleità critica, porsi nuda di fronte alla tela, lasciar fluire le emozioni. Credo di essere affetta da una forma benigna di sindrome di Stendhal, sento vampate, brividi, i polmoni spalancati e gli occhi pieni di lacrime. Commozione, in una parola.

Esco nella piazza inondata di sole, cammino fino a casa perché troppo bello è prendersi ancora qualche momento per guardarsi intorno, con il naso all’in su, osservare particolari che sfuggono in una città che è casa da un pezzo. Così le inferriate liberty che si vedono scendendo lungo via Torino e la chiesa di San Sebastiano.

Pranzo con amici alle porte di Milano sotto un pergolato verde di vite americana. Sono le cose semplici che rendono felici.

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