Poi inizio a leggere Il giocatore invisibile di Pontiggia, e trovo la scena del Professore che passa la lettera denigratoria all’epidiascopio nel tentativo di individuarne l’autore, analizzando l’utilizzo di questo o quel termine. Quando si dice le coincidenze. Che pure andando avanti a leggere trovo anche questa preziosa frase: Reticenza e silenzio a volte dicono di più che le parole.
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Capita che io non riconosca un volto o una voce o un profumo, ma difficilmente sbaglio nel riconoscere un modo di esprimersi e di scrivere. Si potrebbe dire che riconosco le persone dalle loro parole, da quei sostantivi, aggettivi, avverbi e verbi che usano. Perché tutti noi ne usiamo alcuni con una ricorrenza che diventa la nostra cifra espressiva, per
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Avrei pagato le stelle a dirmi nel respiro denso della notte che di giocolieri tristi che fummo non v’era gioco, mentre palleggiavamo i giorni su un orizzonte ricurvo pronto a chiudersi rapido sui nostri ieri imperfetti. Ora non sono più cielo se le stelle non hanno parole che sappiano tessere reti su storie finite. Solo il silenzio è risposta consona
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Poi ho capito che non c’era niente da capire. Lampeggiano le parole quando dischiudono verità che dormivano in noi.
Capitano giornate in cui vorresti dire tante cose: talmente tante che non sai da che parte iniziare. E anche a trovarlo, il bandolo della matassa, non basterebbero le parole a dar vita ai fili. Forse servirebbero le note o i colori… ma le mie dita non sanno dipingere e di suonare hanno smesso da un pezzo. Il silenzio è un’arte,
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Milano, in quei giorni di metà estate in cui l’aria cola pesante e vischiosa fra le case, riempiendo le strade deserte con passo sordo e affaticato. Milano, in quelle mattine fredde che forse ancora è un po’ notte, così come ancora è un po’ inverno, e le foglie sui rami si affacciano timide appena. Milano, in quel susseguirsi di vie
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