Mescolo il latte con il caffè, la finestra aperta di luce. Quest’aria sa di giugno, mi confondo nella camiciola leggera. Avevo altri pensieri, progetti diversi. Ora sono schegge, non diverse dai resti di petali e foglie che il vento ha soffiato attraverso le finestre di ieri. Le raccolgo sul palmo della mano, secche e schiacciate da non valere più nulla.
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Un giorno, se lascerò Milano, mi mancherà il tram. E dire che non lo prendo mai! Solo mi piace la sagoma e il suo sferragliare, lo smarrirsi vaporoso nella nebbia mattutina e il fanale anteriore che fende intrepido l’umido delle strade. E mi piace quel suo colore retrò, sbiadito dalle corse dei giorni, la porta che soffia passaggi frettolosi, piedi
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Avrei pagato le stelle a dirmi nel respiro denso della notte che di giocolieri tristi che fummo non v’era gioco, mentre palleggiavamo i giorni su un orizzonte ricurvo pronto a chiudersi rapido sui nostri ieri imperfetti. Ora non sono più cielo se le stelle non hanno parole che sappiano tessere reti su storie finite. Solo il silenzio è risposta consona
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Il marmo è inflessibile, e le ginocchia dopo un po’ fanno male. Immergo la spazzola nell’acqua del secchio, poi strofino la macchia scura sullo scalino. Una macchia dopo l’altra, una macchia dopo l’altra: l’acqua nel secchio è nera. Mi alzo per gettarla via, ritorno con acqua pulita e un riflesso di aloe saponaria. Lavo, questi scalini protesi verso una cattedrale
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Le tue parole aguzze come pietre spietate sono rete che pesca la mia anima che guizza e le branchie impazzano inalando il Fatto.
Il 15 giugno 2008 era una domenica. Il 15 giugno 2008 si giocavano gli Europei, ma l’Italia era già fuori. Il 15 giugno 2008 non faceva caldo come quest’anno, l’estate vera è arrivata un paio di settimane dopo. Lo ricordo bene il 15 giugno 2008, per ragioni più o meno futili, per motivi più o meno importanti. Il 15 giugno
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Sai, pensavo. Fondamentalmente sono una spugna. E non lo dico perché mi piace bere, o forse non solo. Il fatto è che leggo, osservo, discuto, incamero…. rielaboro. E poi tutto torna fuori rilavorato da me. Raccolgo pietre preziose e sassi grezzi: incamero tutto, affastello, impasto con un poco di sputo e polvere e voilà, ecco un castello da riciclo. Nelle
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Sono salita di nuovo su quelle scale di rete metallica affacciate sul vuoto, con i giramenti di testa provocati dalle vertigini, e mi sono seduta in quella stessa platea. Emozioni, tante: quelle date dalla rappresentazione teatrale, il Cirano di Corrado d’Elia. Quasi lacrime alla fine… Certo che ne è passata di acqua sotto i ponti…. l’ultima volta che sono stata qui
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Infine piuttosto avrei preferito oggi la pioggia ad accordarsi meglio con quest’anima fradicia.
Sono ancora qui, non mi sono mossa, con il groppo in gola, le lacrime strette fra le ciglia, imbrigliate. Sono ancora qui, in questo volgere dell’anno incappucciato di neve, ammantato di freddo. Mi manca il tempo per me, tempo per leggere, scrivere, disegnare…. dormire anche. Mi manca il tempo, eppure ne disperdo a piene mani in inezie, girovagando in rete
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